E così finisce che perdiamo di vista quei momenti unici, ma
piccoli, non costruiti, non stereotipati, non voluti. Quei momenti che come
pietre preziose invece si incastonano perfettamente in una catena che è un
susseguirsi di anonimi momenti di vita quotidiana banale, scontata. Sono quei
passaggi che tendiamo a sottovalutare, a non dar loro importanza. Poveri scemi
noi. Quelli che quando ballavo la mia insegnante mi urlava contro perché
tralasciavo, perché puntavo a far bene i grandi passi, i tecnismi, i
virtuosismi, e buttavo via, come di poco conto, ciò che ci stava nel mezzo.
Ecco che ieri, senza quasi che me ne rendessi conto, la mia
mamma per la prima volta si è rivolta alla
bimba che porto nella pancia
chiamandola Zoe. Perché in realtà non le piace il nome, anche se non me lo
vuole dire, e ogni volta che le ribadivo che l’avrei chiamata così mi diceva “
ah sì sì fai come ti pare è solo che a me viene in mente quella delle strisce
di Arturo e Zoe ed era una bambina paffuta e coi capelli ritti che mi stava un
po’ antipatica”. E insomma ha continuato per un paio di mesi a scrivere liste
di nomi alternativi da propormi…sempre con molto tatto…ma sempre nel tentativo
di farmi cambiare idea.
E porca miseria quando è stato il momento esatto ieri non me
lo ricordo. E vorrei ricordarmelo. Che bello la mia mamma che per la prima
volta dice il nome della mia bambina. Che bello che tutto sta prendendo forma,
e tutto sta diventando così reale.
Che palle che non mi ricordo quando è successo esattamente!!
Adesso sarò costretta a dire a mia mamma di tornare a
trovarmi e ricreare la stessa identica giornata, facendo le stesse cose,
sperando che risucceda nello stesso modo. Però sarà un momento finto,
costruito, artefatto. Forse faccio prima a far uscire da una torta 7 nani danzanti
che chiedono alla mia mamma di dire nuovamente il nome di mia figlia.
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