martedì 15 maggio 2012

Mai dire buongiorno

Mi sveglio.
E' suonata la sveglia almeno 5 volte. Anche lo snooze si è stancato di ripetersi ormai.
Quindi inevitabilmente apro gli occhi.
Il primo pensiero: sono già in ritardo.
Il secondo pensiero: tra poco sarò in ufficio e verrò travolta dalla valanga di cose da fare, finirò nel vortice di eventi per venirne risputata fuori tutta masticata come un vecchio chewing-gum (quindi indurita e completamente priva di sapore) solo a tarda serata.

Più di due pensieri consecutivi poi non riesco a farli, e il corpo prende il sopravvento con i suoi bisogni primari. Mi alzo e passo da un piacevole e comodo letto, alla ciambella del cesso. Il passaggio è traumatico.
Espletate le funzioni corporee primarie (la numero e la numero 2), infilo sotto la doccia bollente nel tentativo di liquefarmi (vedi post di un po' di tempo fa). Ed ecco l'altra delusione: non succede MAI. E quindi sono costretta ad uscire dal box, vestirmi, truccarmi. Rendermi presentabile.

E vi garantisco che è un'operazione ogni giorno più umiliante. Quanto era bello il tempo in cui il mio volto giovane non aveva bisogno di niente, era illuminato di luce propria. Oggi con il make-up devo star attenta a mettere dei punti luce dove c'è da valorizzare, e creare zone d'ombra dove c'è da nascondere. Non ho un viso, ho un monolocale male arredato.
E tutto questo con ancora in testa, costante leit motiv di questi momenti, il secondo pensiero fatto appena sveglia.

Sono lontani i tempi in cui mi svegliavo con la voglia di fare (fare cosa, a voi la libera interpretazione). Anche perché di solito mi svegliavo tardi, di buon umore, e se ero stata brava la sera prima, nel letto c'era anche di che renderlo migliore.

Tutto questo per dirvi: buongiorno un cazzo. Ecco.


venerdì 11 maggio 2012

Abbastanza non è abbastanza per me

La piccola me
La parola "abbastanza" è una condanna per me. E' una croce che mi trascino dietro.
E' il peso che non mi toglierò mai. La mia zavorra.
Sono sempre stata (o non stata) abbastanza.
Da piccola ero abbastanza carina, ma non ero una di quelle bimbette che riempiresti di baci.
Un po' più cresciutella, prima dello sviluppo, ero abbastanza un maschiaccio, ma non abbastanza per giocare a calcio con i maschi, e quando smisero di fare la squadra mista (maschi e femmine) fui costretta a smettere.
Poi arrivò la pubertà, lo sviluppo, ed ero abbastanza brutta. No, non è vero, forse quello è stato l'unico momento in cui ero pienamente qualcosa. Orribile. Se non fosse stato per gli anni di apparecchi per i denti, oggi non avrei questo volto.

A scuola non ero abbastanza attenta, abbastanza impegnata. Però ero abbastanza brava nelle lingue straniere, e abbastanza intelligente da poter sperare in un buon impiego. Scrivevo abbastanza bene tanto da vincere un premio di poesia. Ma non abbastanza da crederci troppo.

Ballerina dall'età di sei anni, ero abbastanza talentuosa. Se mi spaccavo la schiena e ingoiavo quantità infinite di rospi, forse, e dico forse, potevo aspirare a fare la ballerina di fila.
Ho dato il sangue, altro che sudore. Ho dato sangue, tendini e cartilagini, ore ed ore ogni giorno in sala prove, per vedermi sempre passare avanti ad entrare in compagnia (la compagnia di danza della quale la mia insegnante era coreografa e fondatrice, e alla quale aspiravo, facendo anche da "panchina" quando necessario) ragazze più talentuose, o più leccaculo.

All'università ero abbastanza brava, quasi molto, ma non abbastanza da farmi sponsorizzare per quel master in Francia...

Adesso ho una vita abbastanza soddisfacente, abbastanza carina, abbastanza buona. Un lavoro abbastanza buono.

Ecco. E mi sono anche abbastanza rotta le palle.