venerdì 18 luglio 2014

La classica lettera

Quella lettera che tutte le mamme (o molte, almeno credo...) scrivono al proprio figlio che sta per arrivare. E chi sono io per non fare altrettanto?

Cara bambina mia,
mentre sei qui che ti sento scatenarti nella mia pancia, che quasi sembra tu stia ballando il tip tap sulle mie costole, penso che ci sono tante cose che vorrei poterti dire, per prepararti a conoscermi.

Tesoro mio, scusami.
Questa è la prima cosa che mi viene dal cuore di dirti. Scusami per tutto quello che sbaglierò, fin dal primo giorno. Non so se hai potuto scegliere in quale pancia crescere per venire al mondo. Se sì, devo dirtelo, questo mi fa sorgere dei dubbi sul tuo buon gusto... Se no, allora sappi che io non ho la minima idea di cosa fare. Vorrei dirti che sei cascata male, ma in realtà ti poteva andare peggio, molto peggio, tipo nascere in una famiglia che vive in uno dei tanti paesi del mondo dove purtroppo al momento c'è la guerra, o dove ancora molte malattie da noi debellate resistono...oppure entrambe le cose insieme... Alla fine sei capitata in una famiglia di una piccola città toscana, il posto è bello (anche se la casa è piccola...scusa, di meglio al momento non posso permettermi... ma ci stiamo muovendo per migliorare la cosa quanto prima), la qualità della vita è buona e montagna e mare sono vicine da raggiungere (alla mamma piace la montagna, al babbo di più il mare, ma anche il contrario).

Io di bambini non ne so un bel niente. Anzi, mai avuto un buon rapporto con i figli degli altri. Non li capisco, li tocco malvolentieri, non ho un forte istinto materno e non rimango loro simpatica, in genere. Ti chiedo quindi (sì, non sei ancora nata e sono già a farti delle richieste) di avere pazienza con me.

Spero di riuscire a non soffocarti col mio amore, e allo stesso tempo di non fartelo mancare mai.
Spero di saperti educare con fermezza, ma di non spaventarti mai.
Spero di insegnarti a non commettere i miei stessi errori, ma saperti lasciare libera di commettere i tuoi.
Spero di essere una buona amica per te, ma anche una buona madre.
Spero di imparare velocemente, e spero che comunque tu mi conceda a volte di non capire.
Spero che tu non mi dica che mi odi, quando sarai adolescente, ma so che succederà e io spero di non dimenticare che una volta l'ho detto anche io a mia madre, ma poi passa.
Spero non ti piaccia il rosa (concedimelo).
Spero che un giorno io e te avremo il rapporto che io ho adesso con mia madre. E spero che questo avvenga prima...io ci ho messo troppo tempo.
Spero tu mi creda, e che tu non ti debba mai trovare nella condizione di mentirmi.
Spero di farcela, tesoro mio, spero tanto di farcela anche se la paura mi stringe la gola quasi a soffocarmi.

Ho tanta paura...ma non te la voglio dar a vedere. Anche se non saprò cosa sto facendo per il 90% del tempo, giuro che tu non subirai mai gli effetti del mio panico. Che ti proteggerò, anche da me stessa. Che ti sorreggerò, anche quando sentirò che avrei bisogno io di essere sorretta. Che proverò a non farti mancare niente, e se qualcosa mancherà, farò in modo che comunque tu non ne senta la mancanza.

E comunque, per qualsiasi cosa...se dovessi fallire...rivolgiti al babbo. Quello te l'ho scelto buono, sono certa. Anzi, il migliore che c'è (ma abbi un filo di pazienza anche con lui).

Ti aspetto. A presto.
Mamma


mercoledì 30 aprile 2014

Quei gioielli perduti

Ci siamo un po’ abituati a farselo dire quali sono i momenti da ricordare. Finisce che siccome in tutti i film americani il momento in cui lui le chiede di sposarlo è perfettamente romantico, deve essere in quel modo, e devi ricordarlo così. Che quando ti dà l’anello te lo deve mettere dentro una torta dalla quale escono 7 nani danzanti con in mano un dolcino più piccino che te mangi e manca poco ti ci strozzi con l’anello, ma te lo devi ricordare in quanto gesto fatto “in quel modo lì”, e lo racconterai perfetto.
E così finisce che perdiamo di vista quei momenti unici, ma piccoli, non costruiti, non stereotipati, non voluti. Quei momenti che come pietre preziose invece si incastonano perfettamente in una catena che è un susseguirsi di anonimi momenti di vita quotidiana banale, scontata. Sono quei passaggi che tendiamo a sottovalutare, a non dar loro importanza. Poveri scemi noi. Quelli che quando ballavo la mia insegnante mi urlava contro perché tralasciavo, perché puntavo a far bene i grandi passi, i tecnismi, i virtuosismi, e buttavo via, come di poco conto, ciò che ci stava nel mezzo.

Ecco che ieri, senza quasi che me ne rendessi conto, la mia mamma per la prima volta si è rivolta alla
bimba che porto nella pancia chiamandola Zoe. Perché in realtà non le piace il nome, anche se non me lo vuole dire, e ogni volta che le ribadivo che l’avrei chiamata così mi diceva “ ah sì sì fai come ti pare è solo che a me viene in mente quella delle strisce di Arturo e Zoe ed era una bambina paffuta e coi capelli ritti che mi stava un po’ antipatica”. E insomma ha continuato per un paio di mesi a scrivere liste di nomi alternativi da propormi…sempre con molto tatto…ma sempre nel tentativo di farmi cambiare idea.

E porca miseria quando è stato il momento esatto ieri non me lo ricordo. E vorrei ricordarmelo. Che bello la mia mamma che per la prima volta dice il nome della mia bambina. Che bello che tutto sta prendendo forma, e tutto sta diventando così reale.

Che palle che non mi ricordo quando è successo esattamente!!


Adesso sarò costretta a dire a mia mamma di tornare a trovarmi e ricreare la stessa identica giornata, facendo le stesse cose, sperando che risucceda nello stesso modo. Però sarà un momento finto, costruito, artefatto. Forse faccio prima a far uscire da una torta 7 nani danzanti che chiedono alla mia mamma di dire nuovamente il nome di mia figlia.