martedì 5 giugno 2012

Si ride per non morire.

Sono seduti in fondo. Sono in 3.
Mani da contadino, pantaloni tenuti su con la corda per legare i pioli della scala del pollaio, camicia "bòna", quella delle occasioni, berrettino rubato probabilmente al nipote appoggiato sulle gambe, perché in chiesa il cappello si toglie.

La loro maestria è degna di un gruppetto di ragazzini delle elementari, quelli dell'ultimo banco.

- "Parola del Signore"
E la platea all'unisono inizia la tiritera.
Nel brusio generale, dalla quasi totale immobilità, si scatenano improvvisamente in una fitta successione di battute, prese in giro, buffetti, risatine, occhiatacce e spintarelle. Il tutto dura pochi secondi. La platea si zittisce.  Solo la voce amplificata del prete prosegue e rimbomba tra le volte di quella pieve romanica, e loro tornano allo stato di sentita mestizia iniziale.
Altra parte corale, che dura sì e no 2 secondi, e la scena si ripete riprendendo esattamente da dove l'avevano interrotta. Sono sorpresa della loro capacità di non perdere il filo, anche passati alcuni minuti. Hanno una memoria di ferro.

Ad un certo punto si sfiora il disastro. Uno di loro si scompone e trattiene a stento una risata. Gli altri due, neanche si fossero messi d'accordo, coprono il tutto con un coretto di colpi di tosse, rantoli e schiocchi di lingua.

Si alzano quando si devono alzare, si siedono quando si devono sedere.

- "Scambiatevi un segno di pace"
Ecco, si girano, si guardano, si danno la mano. E uno di loro invece di dire "Pace":
- "Vieni al campo dopo, che te la do io la pace".
E i sorrisini beffardi si sprecano.
La comunione non la fanno, ci mancherebbe, commentano le signore in fila, loro.
Di lì a poco, finisce il rito e sono i primi ad uscire.

Al corteo funebre non c'erano...chissà dove erano andati.